mercoledì 29 settembre 2010

Elezioni Venezuelane, votazioni contraffatte ecco cosa rischia anche il bel paese


Quando il socialismo è al potere tutto è possibile...

Chi potrebbe mai pensare che un partito che ottiene il 60% dei voti sia 
un partito sconfitto? Eppure, nel commentare lo straordinario successo 
chavista nelle elezioni legislative venezuelane, la verità dei 
principali quotidiani italiani è questa. Logico che per sostenere un 
affermazione così ridicola si debbano tirare fuori dati 
incontrovertibili: ed ecco allora tutti a scrivere che l'obiettivo dei 
2/3 dei seggi non è stato confermato, e che un "agguerrita" opposizione 
si preparerebbe a "dar battaglia". In effetti, se la percentuale dei 
seggi socialisti è diminuita, come mai allora il Comandante Chavez può 
parlare di: "vittoria contundente"?

Ciò che i commentatori ignorano -o fingono di ignorare- è che nel 2005 
l' opposizione non si presentò alle elezioni, preferendo sottostare alle 
strategie (per loro rovinose NdR) che arrivavano dritte dritte da 
Washington. Le elezioni, boicottate all' ultimo istante, furono 
praticamente un plebiscito chavista, e il golpe militare caldeggiato dai 
neo-con statunitensi non riuscì mai a concretizzarsi. Questo è 
sicuramente il primo dei motivi che ci spingono a ritenere il voto di 
ieri un successo: nella scorsa tornata elettorale l'assenza di soggetti 
in competizione con il Governo inficiava i reali rapporti di forza nel 
paese. Ora, con il ritorno sulle scene elettorali dell' opposizione, i 
rapporti di forza tornano alla luce. E l'elemento positivo risiede 
proprio nel fatto che tornino alla luce ancora favorevoli ad una società 
di tipo socialista.

Per non parlare poi dell' aspetto più evidente e significativo della 
vittoria: perchè si è trattato sì di una vittoria di Chavez, ma 
soprattutto di una vittoria del PSUV. Cioè del nuovo partito che ieri ha 
ottenuto 98 seggi su 165, mentre nelle elezioni del 2005 non era stato 
nemmeno lontanamente concepito nella mente del suo lider. Proprio noi, 
in Italia, dovremmo renderci conto della difficoltà di gestione e 
coesione dei partiti che ambiscono a rappresentare una maggioranza della 
società. Dopo la lenta agonia del Pd, recentemente abbiamo visto 
disgregarsi anche il Pdl. In Venezuela invece si è verificato il 
contrario: Chavez e i suoi sostenitori la loro battaglia l'hanno vinta, 
trasformando un nugolo di movimenti in un partito saldo, coeso, 
organizzato. Puntando sulle nuove tecnologie, incentivando a scendere in 
trincea contro gli oligarchi anche sul Web, con i nuovi strumenti 
tecnologici, su Facebook, su Twitter. Certo, non tralasciando mai la 
presenza nei barrio, i quartieri popolari, nelle strade, nelle unità 
produttive: perchè i dirigenti popolari e i quadri del PSUV sanno per 
chi stanno lavorando. Sanno chi li ha sostenuti e ha salvato le loro 
vite ai tempi del golpe del 2002, chi ha pagato anche col sangue la 
continuità dell' ordine democratico. Ed ecco allora ogni muro sbreccato 
fiorire di murales, di slogan, di citazioni rivoluzionarie, con grafiche 
magnifiche unite ad una notevole immediatezza comunicativa.

Ma passiamo adesso all' analisi dell' opposizione, come l'abbiamo 
chiamata fino ad ora, in ossequio alla terminologia della stampa 
italiana. Anche se sarebbe più giusto chiamarle opposizioni. Già, perchè 
in realtà, ad opporsi a Chavez, ci sono una masnada infinita di 
movimenti e partitini: dai reazionari alle pseudo "sinistre", passando 
per i conservatori di AD e COPEI, protagonisti assoluti di un 
cinquantennio di politica venezuelana. Soggetti politici assai litigiosi 
e difficili da gestire anche stando a sentire i loro finanziatori 
statunitensi, spesso indignati per la loro incapacità di fare fronte 
comune al chavismo. Ed in effetti l'unico comune denominatore che sembra 
unirli pare questo: i fondi più o meno legali che affluiscono dal 
governo USA nelle loro casse sotto forma di "aiuti al processo 
democratico". Se si pensa che nel PSUV vige un rigido centralismo 
democratico, compensato da meccanismi di massiccia partecipazione della 
base, è difficile credere che un fronte così eterogeneo e privo di 
coordinamento possa impensierire la Revolucion Bolivariana. A meno che 
questo coordinamento non venga realizzato ed eterodiretto dal governo 
degli Stati Uniti, che da undici anni a questa parte è l'unica vera 
opposizione attiva e credibile che si sia vista in Venezuela.

Perchè in Venezuela non è certo tutto rose e fiori. Se ai problemi 
interni, come l'emancipazione dell' economia dal petrolio, o l' 
inflazione galoppante ci pensa il Governo, per la difesa del Socialismo 
dagli attacchi esterni dobbiamo mobilitarci tutti. Perchè i segnali che 
giungono dal Sudamerica non sono sicuramente buoni: incursioni di gruppi 
paramilitari alle frontiere venezuelane, violazioni dello spazio aereo, 
militanti del PSUV misteriosamente assassinati. Tutto questo nel quadro 
generale di un colpo di stato impunito in Honduras, di sette nuove basi 
statunitensi nello stato vassallo di Colombia, trame per assassinare Evo 
Morales, e un nuovo vigore nelle diffamazioni a mezzo stampa dei lider 
rivoluzionari. A tutte queste manovre destabilizzatrici, a tutti coloro 
che tramano nell' ombra, oggi è stata data una risposta forte e univoca.

E questa risposta è stata data alla luce del sole, con un sistema di 
votazione trasparente che ha saputo guadagnarsi l'apprezzamento persino 
del Washington Post. Una risposta che parla di ridimensionamento delle 
diseguaglianze sociali, di istruzione e sanità pubbliche per tutti, di 
un vero antimperialismo e di un autentica sovranità nazionale. Una 
risposta che vede sventolare ancora alta la bandiera del socialismo del 
siglo XXI. E in Italia cosa stiamo aspettando?

Carlo Lingera

0 commenti:

Posta un commento